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ARGOMENTO: Uno schiavo

Uno schiavo 22/12/2012 22:13 #6996

Uno schiavo paziente



Nello stato della Virginia, nei primi giorni nella storia del Metodismo, nell’occidente del paese, viveva un ricco e influente agricoltore, che possedeva un gran numero di schiavi.

Era un padrone gentile, e trattava i suoi schiavi con rispetto e affetto, considerandoli come membri della sua famiglia. Come evidenza di ciò, procurò loro ogni vantaggio di cultura intellettuale e morale che era in suo potere.

Quando il vicinato fu visitato dai ministri Metodisti, egli li invitò a predicare nella sua piantagione, e non solo diede ai suoi servi un’opportunità di assistere alla predicazione, ma fu esigente nello spronarli ad andarci.

Non passò molto che il Vangelo, predicato con semplicità e con potenza, raggiunse i cuori della gente di colore, ed essi abbracciarono il cristianesimo.

...e non solo i servitori furono portati a gustare le gioie della misericordia perdonatrice di Dio e resi felici in un amore del Salvatore, ma il padrone e la padrona furono similmente inclusi nel felice numero dei convertiti.



Se prima la relazione tra il padrone e il servo era una relazione di rispetto dei diritti, e di interesse per la felicità di quest’ultimo, ora che essi erano stati battezzati dallo stesso Spirito, e resi uno in Cristo Gesù, c’era un legame di unione molto più potente di quanto poteva forse nascere da tutte le relazioni naturali o sociali.

Tra i servitori che avevano creduto e che si erano uniti alla Chiesa, ce n’era uno noto per la sua pietà. Questo servo, il cui nome era «Cuff», non era in particolare eccezionale per qualche professione alta, sebbene egli fosse sempre pronto, nello spirito di mansuetudine, ad essere un testimone per Gesù; ma era eccezionale per la sua integrità inflessibile e per la sua sincera e leale coerenza di condotta, egli ne aveva pochi che gli erano superiori ovunque. Per uno che non godeva dei vantaggi più grandi, egli possedeva un ordine di intelligenza superiore alla maggior parte dei suoi fratelli di colore. Avendo tutti la più incrollabile fiducia nella sua pietà, egli fu unanimemente selezionato dai suoi fratelli per condurre gli esercizi religiosi nelle riunioni quando non era presente nessun predicatore. Per anni tutto andò avanti piacevolmente e felicemente in questa famiglia religiosa.



La religione di Gesù, che è adatta a tutti e ideata per portare le più alte benedizioni all’umanità in generale, dimostra di essere uno speciale beneficio per gli schiavi, e quella Chiesa che è la più impegnata attivamente nel predicare il Vangelo a questa porzione di nostri simili offre certamente la più forte evidenza di essere la vera Chiesa di Colui che disse: «Il Vangelo è predicato ai poveri».

Essendo stata fondata una Chiesa in questa piantagione, per mezzo dell’influenza di predicatori Metodisti, delle riunioni erano regolarmente tenute, e quando venivano i Sabati interposti, quando il predicatore era assente ad un altro appuntamento, la voce di lode e di preghiera saliva dall’umile cappella e Cuff spandeva il suo intero cuore nelle esortazioni con una eloquenza e con una potenza a cui nessuno poteva resistere. Spesso i cuori degli orgogliosi e dei malvagi padroni di piantagioni vicine che erano stati attratti da semplice curiosità a partecipare alle riunioni, furono fatti tremare, mentre le lacrime che cadevano dalle orgogliose e altezzose guance dei padroni, che si meravigliavano dell’audacia del negro, tradiva le emozioni che la sua eloquenza aveva prodotto. Più di una coscienza che aveva resistito al Vangelo nelle Chiese distinte della città era così stata colpita da parole brucianti.



Le stagioni felici godute nella piccola Chiesa della piantagione furono paurosamente interrotte da un evento molto triste.

Il vecchio padrone fu chiamato a pronunciare sui suoi fedeli servi la sua benedizione di addio, e poi a passare in quel mondo dove tali relazioni sono sconosciute.

Il vecchio patriarca morì, ed egli fu seguito dalla sua famiglia e dai suoi amici piangenti fino alla sua casa silenziosa.

Questo evento, come è spesso il caso, disgregò la famiglia, e i servi furono divisi fra i figli del padrone.



Cuff cadde nelle mani di uno dei figli.

Questo giovane uomo si inserì nel mondo come fanno molti, i cui genitori sono ricchi, in circostanze simili.

Non avendo formato nessuna abitudine all’industria, e totalmente inadatto al commercio, imprevidente e negligente, credendo che domani sarebbe stato come oggi, e con molta maggior abbondanza di benedizione, non passò molto che egli si mise a sperperare il patrimonio lasciatogli da suo padre e, tutte le proprietà furono fatta pignorare dai suoi creditori, e i servi, con il resto delle proprietà, furono messi in vendita tramite un annuncio.



In quel vicinato viveva un giovane uomo che si era sposato recentemente e che stava facendo dei preparativi per gestire una casa. Per completare questi preparativi era necessario per lui comprare un buon servitore, e sapendo della vendita, di conseguenza vi partecipò.

Era un infedele di professione, ed evitava attentamente di andare a qualsiasi riunione religiosa, sebbene sua moglie prima del matrimonio, spesso aveva frequentato e aveva ascoltato con insolito interesse l’eloquente negro.

Essendo andato attorno e avendo ispezionato gli schiavi, come era consuetudine fra i compratori, fu colpito molto favorevolmente dall’apparenza di Cuff, e credendo che questo schiavo gli sarebbe andato bene cominciò a fare delle domande al suo padrone a proposito delle sue buone e delle sue cattive qualità.

Il giovane padrone informò l’infedele che Cuff era il negro più onesto e più giusto che egli aveva mai conosciuto, ed egli poteva pensare solo ad un difetto che aveva e che poteva renderlo sgradevole al suo compratore e questo difetto era che «egli pregava e andava alla riunione».

«Ah», disse l’infedele, «hai solo questo contro di lui? Io posso tirare fuori rapidamente quella cosa da lui».

Così. lo comprò e lo portò a casa.

Cuff, con un cuore triste, lasciò la vecchia fattoria, i suoi fratelli e la piccola cappella dove aveva sperimentato così tanto conforto da parte di Dio e della chiesa.



Quando adempì i suoi doveri quotidiani comandatigli dal nuovo padrone, cominciò a cercare un posto per la preghiera privata.

Vicino al giardino c’era un vivaio ed essendo un posto isolato, si ritirò in mezzo al boschetto di giovani alberi di cui il vivaio era pieno, e là, da solo, si inginocchiò e riversò il suo spirito oppresso ai piedi di Dio. Mentre era impegnato nelle sue devozioni, la sua giovane padrona che stava camminando nel giardino lo sentì e avvicinatasi per ascoltare, riconobbe presto la voce eloquente che l’aveva commossa presso la Cappella di Woodland.

Fu incatenata al posto dov’era, mentre i toni bassi e tristi del supplicante furono sussurrati alle orecchie del Signore degli Eserciti; e quando presentò con fervore la preghiera affinché la benedizione di Dio scendesse sopra il suo nuovo padrone e la sua nuova padrona, la fontana aperta del suo cuore riversò le sue lacrime.



Il Sabato successivo, Cuff andò alla riunione, la mattina e anche alla sera, ma ritornò in maniera da essere pronto per i suoi doveri del lunedì mattino.

Non era consapevole del carattere infedele del suo padrone, sebbene da quello che aveva visto e sentito durante il breve tempo che era stato con lui, sapeva che era un estraneo alla grazia.

Sapendo anche che ci sono molte persone irreligiose che tuttavia hanno un grande rispetto per la religione e le sue istituzioni, quando a Cuff la mattina successiva fu chiesto dal suo padrone dove egli era stato, costui disse: «...sono stato alla riunione; e benedetto sia il Signore, è stato bello, massa».

«Cuff», disse il padrone, con una voce burbera e arrabbiata, «tu devi smettere di pregare. Io non permetterò questo tipo di cose qui da me».

«Massa, io faccio ogni cosa che tu mi dici; ma non posso smettere di pregare. Il mio Massa in cielo mi comanda di pregare».

«Tu smetterai, e prometti ora di smettere altrimenti ti frusterò»

«Io non posso fare né l’una e né l’altra cosa, massa».

«Seguimi, allora, negro ostinato », disse il padrone, grandemente eccitato, «vedremo qual è l’autorità che deve essere ubbidita in questa faccenda».



Lo schiavo fu condotto fuori e dopo essere stato svestito dei pochi abiti rovinati che coprivano la sua persona, fu legato ad un albero nel giardino che era attorno alla casa.

Il padrone con una frusta inflisse venticinque colpi sopra la sua nuda schiena.

Il padrone allora disse: «Ora, Cuff, smetterai di pregare?»

«No, massa», fu la risposta. «pregherò Gesù fino a che vivrò».



Allora diede al negro altre venticinque frustate, e il sangue colò fino al terreno.

Al termine di questa orribile scena, nella tragedia brutale, il padrone esclamò: «Smetterai adesso, vero?»

Umilmente, nella maniera in cui il suo divino Padrone sopportò il crudele flagello prima di lui, egli rispose: «No, mio massa, pregherò il mio benedetto Dio durante la mia vita».



Questo fece arrabbiare così tanto l’infuriato e fanatico padrone, che si scagliò contro di lui con tutta la rabbia di una tigre assetata di sangue, maneggiando la sua arma sanguinante con tutta la sua rimanente forza; non si fermò se non quando fu obbligato a lasciare stare dall’assoluta spossatezza.



«Smetterai di pregare adesso, negro infernale, vero?»



La medesima umile voce rispose: «No, massa, tu mi puoi uccidere, ma io devo pregare nella mia vita»

«Allora sarai frustato così tanto ogni volta che pregherai o andrai alla riunione».



Fu slegato, gli fu ordinato di indossare i suoi vestiti e andare a compiere il suo lavoro.

Quando fu fuori dalla vista e dall’udito del suo padrone, cantò, con un tono basso e triste:

«Il mio tempo di sofferenza presto finirà

Allora non sospirerò e non piangerò più

La mia anima redenta salirà rapidamente

Per cantare la lode di Dio per l’eternità»



Mentre accadeva questa scena crudele, la giovane padrona stava guardando attraverso la finestra piangendo, e quando S. M. venne in casa, ella disse: «Mio caro marito, perché hai frustato quel povero negro in quella maniera, solo perché prega? Sono sicura che non ci può essere nessun male in ciò».

«Silenzio!», gridò il marito infuriato: «Non un'altra parola sul soggetto, altrimenti ti darò quanto ho dato a lui».



Tutto quel giorno S. M. delirò come un pazzo, maledicendo il negro e tutta la sua razza, e maledicendo Dio per averli creati.

Venne la notte.

Si ritirò nella sua camera, e cadde sul suo letto per riposare.

Invano cercò il sonno, se non altro per tenere lontano le orribili visioni della sua mente agitata.

Si girò da una parte all’altra con indicibili gemiti.

Appena prima del giorno esclamò: «Sento che sarò dannato! O Dio abbi pietà di me!».

Poi disse a sua moglie – la prima parola che gli aveva rivolto dopo la minaccia – «C’è qualcuno in casa che può o vuole pregare per me?»

«Nessuno», disse lei, «tranne il povero negro che hai frustato ieri».

«O, sono sicuro che egli non pregherà, egli non può pregare per me!»

«Sì», disse la moglie piangendo: «Invece penso che lui pregherà per te»

«Allora, per amore di Dio, manda qualcuno a chiamarlo!»



Fu mandato subito un servo, e quando Cuff sentì che il suo padrone lo voleva, aspettandosi un rinnovo delle scene di ieri – perché aveva pregato tutta la notte – andò dalla sua bassa e sporca capanna nella camera del suo padrone.

Quale fu la sua meraviglia quando entrò e trovò il suo padrone prostrato sul pavimento che invocava pietà!



«Oh», disse lui vedendo il suo servo ferito, «pregherai?... puoi pregare per me? Sento che sarò dannato prima di mattina a meno che Dio non abbia pietà di me».

«Sì, massa, io benedico Dio; ho pregato per te e per la padrona tutta la notte».



Egli allora cadde sulle sue ginocchia, accanto al suo padrone prostrato e alla sua moglie che già era in ginocchio, e con un fervore e una fede che aprirono il cielo, lottò duramente con Dio per l’ uomo colpevole.

Così, continuò in preghiera e nell’esortazione, indicando il colpevole a Colui che è senza colpe, fino alle luci del mattino, quando Dio nella Sua misericordia accondiscese a rispondere alla preghiera, e mise in libertà l’anima scura e incatenata dal peccato dell’infedele, e scrisse un perdono sul suo cuore.

Appena l’amore di Dio fu sparso nell’anima del padrone, prese nelle sue braccia il suo servo, esclamando: «Cuff, mio caro fratello in Cristo, da questo momento, sei un uomo libero».



Grande fu la gioia e l’esultanza in quella casa in quel giorno.

Anche la moglie trovò la perla di grande valore, e ora uno in Cristo, dato che essi erano prima uno in carne, le loro anime furono sciolte nella felicità del cielo.

Lo schiavo fu liberato, e assunto dal suo padrone come cappellano con un buon stipendio, e Cuff andò ovunque tra i suoi fratelli sparsi predicando la Parola. Il padrone stesso divenne un ministro del Vangelo di successo e zelante, e visse molti anni per predicare quel Gesù il cui nome egli aveva bestemmiato, e di cui aveva frustato il discepolo.







J. B. Finley

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