Per noi occidentali, in particolare per noi italiani, quello greco è la massima espressione del pensiero proveniente dal passato. I greci colonizzarono culturalmente il mondo antico, facendo seguito alla inarrestabile conquista militare di Alessandro Magno. Alessandria d'Egitto fu la capitale mondiale della cultura per secoli, con la sua immensa biblioteca sponsorizzata dai sovrani tolemaici - discendenti di Tolomeo, il generale di Alessandro che si impadronì del trono d'Egitto. I nomi di Platone, Socrate, Euripide, Pitagora, sono per noi familiari quanto lo sono le idee che questi hanno espresso e tramandato. Fondamentalmente, da allora in avanti, il mondo occidentale ha pensato in maniera "greca". Gli stessi romani, che schiacciarono ogni resistenza alla loro avanzata militare, non riuscirono a spodestare il dominio culturale del pensiero greco che invece assimilarono e dal quale furono influenzati. Anche quando i cristiani divennero predominanti in Europa, il pensiero dei greci continuò a sedurre, affascinare ed influenzare i pensatori europei per secoli, fino ai giorni nostri.
Sappiamo che il pensiero greco arrivò a toccare dei picchi che considerano il monoteismo, sembrano sostenerlo e promuoverlo. E in merito a ciò ora voglio dire qualcosa che forse indisporrà i molti sostenitori dell'ellenismo. Sono convinto che la società greca abbia dei meriti indiscutibili nell'avanzamento culturale dell'umanità, ma molte delle cose che essa elaborò non erano tutte farina del suo sacco. E' vero che la matematica greca è molto avanzata e madre della matematica moderna, ma è mia opinione che questa fosse profondamente indebitata con le conoscenze già raggiunte dagli egiziani in tempi molto più remoti. Il teorema di Pitagora esisteva, in forma molto simile nell'antico Egitto. Il famoso "pi greco" essenziale per il calcolo della circonferenza del cerchio era un numero conosciuto ai matematici egiziani, sebbene non in maniera altrettanto precisa. Insomma, è mia opinione che l'idea che i greci abbiano tirato fuori per primi fuori dal cilindro la loro conoscenza ed il loro pensiero, andrebbe rimossa dall'immaginario meravigliato dello studente medio. Ma una delusione più grande la da Filone alessandrino, un acuto filosofo ebreo vissuto ad Alessandria d'Egitto a cavallo fra il I secolo a.C. ed il I d.C. Egli affermò senza paura che “Mosè ha raggiunto la sommità della filosofia” e sostiene con convinzione che la migliore filosofia greca, con le sue speculazioni su Dio e sul suo "logos", sia indebitata con la religione ebraica, con i libri di Mosè.
Spesso nello studio degli scritti di Giovanni si ha la sensazione che, quando parla di logos di Dio (Giovanni 1:1-18), egli riprenda dei concetti cari alla filosofia greca. . Logos è un termine greco tecnico (tradotto di solito "Parola" o "Verbo" nelle nostre Bibbie) che racchiude il senso della comunicazione di un Dio trascendente con il mondo materiale che egli ha creato. Ma incidentalmente questo pensiero non è esclusivamente greco. Lo si trova latente nello stesso libro della Genesi, come Filone alessandrino puntualizza con grande maestria. E' un'idea ripresa nella letteratura sapienziale - vedi la "Sapienza" del libro dei Proverbi. Ed è presente nei Targumin, le versioni aramaiche dell'Antico Testamento, per ricordarci che l'idea del tramite visibile di Dio invisibile è un concetto proprio della Tanakh e del pensiero ebraico. Se i rabbini si sono ad un certo punto allontanati dalle speculazioni in quella direzione è stato perché i cristiani se ne sono appropriati per dimostrare che Gesù era il Messia, la Parola di Dio, il Logos, il Verbo, che loro chiamavano Davar in ebraico e Memra in aramaico, fattosi uomo. Il Nuovo Testamento non attinge quindi alla filosofia greca quando dice di Gesù che egli è il Logos di Dio, bensì alla Tanakh ed alle considerazioni del giudaismo sui dati della Rivelazione. Ciò è perfettamente in accordo con la mentalità religiosa ebraica legata all'udire più che al vedere - e non so quanto con quella di fondo del pensiero greco, così legato alla visibilità delle proprie divinità.
Sebbene così culturalmente avanzato nei campi della matematica, delle scienze, della filosofia, anche il mondo greco diveniva elementare e ridicolo quando si considera le sue forme di religione. Il politeismo greco immagina delle divinità con tratti umani, in controllo di questa o quella forza della natura. Divinità capricciose, viziose, stupide, guidate da istinti bassi ed elementari ed anche piuttosto permalose.
Anche il popolo con la più elevata forma di pensiero, e con la forma più evoluta di linguaggio, non è riuscito, quindi, ad arrivare ad una di religione che stesse alla pari per dignità con gli altri campi della conoscenza umana che era stato capace di sviluppare.