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Testimonianza Pastore Giuseppe Romanelli
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ARGOMENTO: Testimonianza Pastore Giuseppe Romanelli

Testimonianza Pastore Giuseppe Romanelli 13/02/2016 00:21 #11739

Testimonianza Giuseppe R.






Civezzano, giovedì 26 novembre 2009
Raccontare le meraviglie che il Signore ha compiuto per me e per la mia famiglia, non è certamente semplice; sintetizzare anni di grazia per un piano concepito molti anni fa, ma realizzato solo molto più recentemente, non è impresa ardua.
Se dovessi raccogliere il tutto ed affidarlo ad uno slogan, potrei dire, senza tema di smentita, che Dio è fedele. Sì, tra tutti gli attributi che nella Bibbia ci descrivono il carattere e la persona santa di Dio, la fedeltà, è a mio avviso, quello che meglio descrive l’opera divina in mio favore.
Ripercorrere con la memoria quei giorni lontani, ma talmente attuali da sembrare ieri, è stato un po’ come sorvolare un’immensa distesa, fatta di radure, fitta boscaglia, tratti desertici, prati rigogliosi e colorati dal manto dei fiori; considerare dall’alto, in uno sguardo d’insieme un periodo abbastanza ampio, ha accresciuto la mia fede e soprattutto mi ha ricondotto a verificare le motivazioni che mi hanno spinto ad accettare l’Evangelo della Grazia, giungendo alla conclusione che, nonostante molti tempi in standby, dovuti solamente alla mia ostinazione, il Signore si è preso cura di me; io, di tutta risposta, non solo non sono pentito di avergli affidato la mia vita, ma desidero ancora, oggi, donargli tutto ciò che sono.
Andiamo per ordine.
La storia della mia fede è legata indissolubilmente alla mia cara nonna paterna, Giuseppina, ora con il Signore dal giugno del 1999.Lei è stata la prima a ricevere la testimonianza evangelica, nell’immediato dopoguerra. Erano quelli anni difficili, fatti di stenti, privazioni, miseria; ci troviamo nella provincia di Latina, in un piccolo comune montano adagiato sui Monti Aurunci, Santi Cosma e Damiano, che deve il nome, secondo la tradizione, al passaggio dei due santi fratelli e medici, transitati da qui nel loro viaggio verso Roma. Facevo riferimento alla seconda guerra mondiale che ha visto le genti del mio paese, protagoniste in quel conflitto, in quanto sul territorio comunale passava la Linea Gustav, che tagliava in due l’Italia, e si estendeva dalla foce del fiume Garigliano alla foce del fiume Sangro, a sud di Pescara. Per nove mesi il piccolo paese è stato oggetto di bombardamenti. In questo clima di terrore ed estrema precarietà, la famiglia di mia nonna cercava di barcamenarsi; appena sposata, ereditava un pesante fardello: lei ed il suo giovane sposo dovevano riscattare le proprietà della famiglia perse al gioco dal suocero.
L’incubo di un passato così avaro, l’incertezza per un futuro senza alcuna garanzia, l’esperienza della perdita del papà in tenera età, avevano reso la nonna, una donna alquanto dura; la vita aveva segnato lunghi e profondi solchi nel suo cuore. A tutto ciò bisogna aggiungere la tragedia della perdita di tre bambini, morti per cause futili, ma sempre legate ad una situazione di miseria e povertà.
Queste vicende così catastrofiche, ancorché più della guerra, avevano gettato la nonna in un profondo travaglio; non sono state poche le volte in cui ha invocato la morte; tanti sono stati i giorni passati a piangere sulle poche cose appartenute ai suoi bambini; frequenti le sue visite al cimitero, a straziarsi il cuore, vinta dai sensi di colpa, ma altresì schiacciata da tante necessità.
Uno di quei tanti giorni neri, di ritorno dal luogo della morte e del dolore, per strada ha incontrato un paesano, emigrato come tanti, negli Stati Uniti. Erano trascorsi tanti anni, ma lui, Giuseppe Verrico, non era più lo stesso di prima. Era rientrato nel suo paese; non era diventato un ricco possidente, ma aveva fatto fortuna, così diceva lui. Il suo tono di voce, quella particolare luce nei suoi occhi, parole mai udite prima, incuriosirono la nonna. Poi, cos’era quella fortuna di cui parlava? Aveva accettato Gesù come suo personale Salvatore. Ecco cosa era successo! Il discorso si prolungò, la nonna aveva sete delle cose di Dio; il suo cuore era lacerato dalla rabbia, un senso di
vittimismo la segnava, frustrazione e delusione, per una vita così breve, era allora poco più che venticinquenne, ma così densa di fatti negativi. E poi la ricerca di Dio; due opposti: da un lato sentiva di respingere quelle parole d’amore, dall’altro si sentiva attirata, soprattutto dalla convinzione con cui parlava quel piccolo uomo, che la evangelizzava, saltellando. La bella conversazione fu troncata, il lavoro e gli impegni della quotidianità non permettevano il prolungarsi di quell’incontro che tanto bene aveva fatto a quel cuore spezzato. Ma quell’uomo non
voleva mollarla, almeno fino ad una promessa strappata, magari gettata lì solo per svincolarsi dalla presa di quell’evangelista: “Quando andrò in pensione, ci penserò ed inizierò a leggere la Bibbia!”.
Facendo un volo pindarico, saltiamo molte vicende per approdare nel 1980. io avevo solamente
cinque anni.
Era un giorno di festa; la nonna riscuoteva la sua prima pensione. Tante cose erano cambiate; dopo anni di sacrifici le proprietà erano state riscattate; altri tre figli erano nati, ora sposati e genitori a loro volta.
Per caso, quel giorno si avventurò sulla stradina che porta a casa dei miei, in una frazione del paese, un venditore ambulante, ma non era uno dei tanti. Si trattava di uno strano pescivendolo: il suo intento non era solo fare affari, ma regalarci una Bibbia! “Bibbia, quella parola l’ho già sentita”, disse la nonna. Qui inizia il miracolo! Lo Spirito Santo le fece vedere, in un momento, quel giorno presso il cimitero, il fratello Giuseppe Verrico, già scomparso, quella promessa! Dio era stato tanto paziente ed aveva atteso per più di 35 anni!
Non solo accettò la Bibbia, ma invitò quell’uomo, che più che ad un commerciante somigliava a Giovanni il Battista, per il modo di fare e per il tono che usava nei discorsi, a visitarci l’indomani stesso.
La nonna raccolse nella sua cucina suo figlio Antonio, sua moglie ed i loro quattro figli; sua figlia Maria, il marito ed i suoi due figli, e mio papà, Aldo, mia mamma e noi tre, allora mancava Daniele, arrivato nel 1986; ovviamente suo marito, il nonno Giovanni, era consenziente. Anche se lui non avesse voluto, lei avrebbe risposto alla chiamata di Dio. quella sera quel signore, divenuto poi un fratello, ci raccontò della sua esperienza, fatta di attivismo e militanza tra le fila della religione di massa, dalla quale si era sentito tradito nel leggere le Scritture. Regalò un Bibbia a tutti quelli che sapevano leggere, con la copertina marrone e le pagine un po’ ingiallite; anch’io ne volevo una, ma era ancora presto, anche se avevo iniziato da poco a leggere sillabando; ma tanto insistetti che me la regalò. Quella fu la mia prima Bibbia: la stringevo a me, come un tesoro speciale; non sapevo che la fede nel suo Autore, avrebbe cambiato il corso della mia vita.
Quel fratello ci veniva a trovare ogni venerdì; ma un po’ alla volta l’affluenza si assottigliava; rimanemmo io, la nonna ed il nonno. Intanto, la nonna non si scoraggiava. Ogni giorno, nel pomeriggio, veniva a casa, si sedeva vicino al caminetto, e mentre mia mamma faceva i mestieri, lei le leggeva la storia di Rut. Ogni giorno un seme veniva gettato in quel cuore. Solo Dio sa ciò che succede ai cuori; quell’opera di semina veniva accompagnata da una preghiera costante. Bisognava recuperare il tempo perduto, diceva la nonna. Non c’era più tempo da perdere.
I rapporti con il fratello Antonio, il nostro pastore si interruppero, per via di una crisi che lui stava affrontando nella sua comunità: apparteneva alla chiesa avventista, della quale ci aveva proposto tutta la riforma alimentare: il divieto di mangiare alcune carni, il rispetto dell’osservanza del sabato…la sete era tanta che ogni cosa che ci diceva, andava bene. Io ero molto influenzato, tanto che, ricordo, evitavo quei cibi per non offendere Gesù.
Grazie a Dio non rimanemmo soli; nel frattempo, avevamo saputo che, a poco da casa nostra si teneva un culto in una casa: veniva il Pastore Gemelli. Così avemmo l’incontro con i pentecostali.
La nonna, che conosceva anche la proprietaria, colse quell’occasione. Ovviamente c’ero anch’io, si andava a piedi; il venerdì pomeriggio alle 16,00, quando iniziava Bim, Bum, Bam; io andavo con la nonna ed il nonno. Infilata in un sacchetto per la spesa, vi era custodita la Bibbia; ai passanti che incontravamo, spesso curiosi, la risposta era: “Stiamo andando a fare una visita”. La paura di essere giudicata, l’ignoranza…fino alla conversione, poi tutto sparì. Se vi vergognate di me, disse Gesù, anch’io mi vergognerò di voi davanti al Padre mio.
Quanti ricordi in quella piccola casa! Quattro o cinque anziani, io ero il più giovane! Il pastore era una persona molto distinta, un siciliano trasferito dal 1946 nella vicina provincia di Frosinone, dove era stato missionario, fondando tante comunità.
Tra persone anziane, in una casa di campagna, piano piano maturava la mia fede. Il pastore era stato scoraggiato dai suoi stessi collaboratori, in quanto quel gruppo, sembrava non portare frutto. Grazie a Dio per la sua visione.
Data la mia presenza, furono invitati anche altri nipoti, miei amici: mezz’ora prima del culto, il pastore teneva la scuola domenicale. È lì che ho imparato molte cose dalla Parola di Dio.
Era il giorno delle piccole cose, quando ho imparato non solo a conoscere la Bibbia più da vicino, ma anche una lezione che non dimenticherò mai: spesso Dio opera in modo da non fare troppo rumore, e ci prepara anche in situazioni meno incoraggianti. La mia piccola fede cresceva.
Possiamo avere amici, gruppi giovanili organizzati, bei locali di culto, avere una grande comunità, della bella musica, ma se nel cuore manca il desiderio, tutto il resto è solo un bel contorno. Dio non ha bisogno di tutto ciò per raggiungere il nostro cuore e per offrirci una chiamata. Grazie Signore!
Anche i miei genitori iniziarono a frequentare; soprattutto mia madre, che ha scoperto la bontà della Parola di Dio quando improvvisamente perse sua madre, dalla salute di ferro; una banale caduta l’ha portata alla morte. Per consolare il vecchio padre, andava a visitarlo per leggergli la Bibbia; e mentre leggeva per consolare il suo cuore, lei incontrava Gesù. La Bibbia afferma che la fede viene dall’udire la Parola di Cristo, cfr. Romani 10:17.
Nonostante la mia partecipazione ai culti evangelici non avesse incontrato l’opposizione dei miei genitori, che vedevano di buon occhio la fede nel Vangelo, tuttavia, mio padre, non tanto per un sentimento religioso, quanto per spirito di tradizione e per paura del giudizio altrui, volle che io frequentassi almeno il catechismo.
Sono andato solamente a due lezioni, perché le insegnanti dissero al parroco che io non ne avevo bisogno; infatti, durante quei due incontri, più e più volte sono intervenuto, con la semplicità e la schiettezza di un bambino, per chiarire alcune cose che non corrispondevano alla Bibbia.
Intanto, le riunioni di culto si erano stabilite a casa della nonna, perché la sorella che prima ci ospitava era rientrata momentaneamente negli Stati Uniti. La nonna non aveva più vergogna ora della sua fede; dopo l’esperienza della conversione non portava più la Bibbia nascosta, anzi, la teneva in mano e lei stessa, ancora prima che gli altri glielo chiedessero, raccontava dove stava andando.
Rare volte papà ci accompagnava al culto; la comunità più grande era a circa 30 km da casa nostra; ricordo che, qualche domenica prometteva a me ed alla nonna di portarci, ma poi faceva dell’altro; non sono state poche le domeniche pomeriggio passate a piangere.
Dio, comunque è fedele! Sentivamo il bisogno di un contatto anche con altri credenti, e grazie a Dio, molte volte il pastore era accompagnato, oltre che dall’immancabile consorte, anche da altri credenti. L’estate, poi, rientravano paesani convertiti all’estero, e quel piccolo atrio coperto, davanti alla cucina della nonna diventava un tempio; un grande quadro con la scritta di Giovanni 4:24 campeggiava sul tavolino che fungeva a mò di pulpito, un luogo semplice, alcune sedie, i cuscini per inginocchiarsi…ma quante benedizioni! Quei fratelli che venivano a trovarci, forse loro neanche lo immaginavano, quanto bene producevano alla nostra fede che veniva irrobustita! Se ne abbiamo l’opportunità, rechiamoci anche ad incoraggiare i piccoli gruppi di preghiera e studio biblico! Quei cari erano da noi accolti come degli angeli.
Culto dopo culto, preghiera dopo preghiera, io credevo sempre di più alla Parola di Dio. non ho un giorno preciso quando ho accettato Gesù, ma so per certo che mi sono riconosciuto un peccatore che aveva necessità del perdono di Cristo.
A 13 anni, esattamente il 18 settembre del 1988, la domenica precedente all’inizio del terzo anno di scuola media, scendevo nelle acque battesimali. So che forse era troppo presto, ma tanta era la voglia di ubbidire al comandamento di Gesù. I miei nonni avevano già ubbidito a questo insegnamento cristiano; ho parlato tanto della nonna, ma del nonno, poco. Lui era abbastanza taciturno, tranne quando bestemmiava. Uno alla volta tirava tutti i santi giù dal cielo, così credeva lui; dopo la salvezza, quella bocca così piagata ora proferiva parole di lode; un uomo bravo, onesto, dedito alla famiglia, ma abbastanza istintivo, ma che la fede in Gesù stava trasformando gloriosamente.
Tre mesi dopo il mio battesimo, l’8 dicembre dello stesso anno, il Signore mi battezzava nello Spirito Santo in una maniera gloriosa, facendomi gustare la pienezza e la gioia che dona lo Spirito di Gesù. Fu un’esperienza tanto attesa, tanto cercata, per la quale ho pianto, digiunato, chiesto consigli, ma che tempi di benedizione anche quelli dell’attesa! Dio è fedele!
Grazie a Dio, l’anno successivo, nel 1999, il 04 novembre, i miei genitori, mio nonno materno ed un mio cugino, facevano il battesimo in acqua, secondo l’insegnamento di Gesù. Che giorno di festa! I miei genitori avevano deciso per Cristo: dopo una serie di difficoltà occorse nell’attività di mio padre, momenti davvero di crisi, so che il Signore ci ha sostenuto, anche per mezzo della preghiera
dei fratelli.
Mio padre desiderava che io frequentassi un istituto commerciale per ragionieri, così, al diploma, avrei dato una mano all’azienda. In me, però, era nato il desiderio di servire il Signore. Spesse volte avevo accompagnato il mio pastore a visitare credenti malati, o persone che manifestavano simpatia per la fede; piuttosto che giocare con i bambini che incontravo in quelle occasioni, preferivo restare con gli adulti ad ascoltare ed a pregare, manifestando chiari segni di una chiamata al ministero pastorale, così diceva il mio pastore.
La pratica pastorale era il mio hobby migliore; sentivo tanto forte e chiara la vocazione che, non potendo pasturare una comunità di fedeli, mi esercitavo con alcune pecore che la nonna materna mi aveva regalato. I miei pomeriggi erano lì, dietro alle pecore, con la Bibbia e i libri di scuola. Mi sentivo un piccolo Davide, ovviamente non biondo né tanto meno di bell’aspetto. Quanti culti ho celebrato! La fede avvinceva il mio cuore; odiavo il male ed il peccato e Satana che spesso sfidavo lì tra i campi…poi la sera, a letto, a casa, da solo talvolta, speravo che non mi avesse sentito, altrimenti ero inguaiato!
Cose semplici, gesti quotidiani, una vita serena e tranquilla, un piccolo bambino, con una fede in grande Dio! forse ho perso quelle qualità, e voglio pregare il Signore perché mi aiuti a ritrovare e a rimpossessarmi di quella fede sincera e genuina, proprio come Gesù ha detto, se non diventate come piccoli bambini…
Decisi quindi di indirizzare anche i miei studi verso le materie umanistiche, nella conoscenza delle lingue classiche che avrebbero potuto aiutarmi nello studio del N.T. ; mi iscrissi, più che mai convinto, al liceo classico, alla fine del quale sarei andato alla scuola biblica.
Degno di nota è l’ultimo anno: quando finalmente si avvicinava la scuola biblica e quindi la realizzazione di un sogno che era cresciuto con me e del quale anche negli altri trovavo conferma. Il confronto con i miei compagni, il loro sguardo ad un futuro più eccellente del mio, gli sbocchi lavorativi che l’università avrebbe offerto loro, facevano arrossire il mio progetto. Il pastore…di pecore? Farai il formaggio? Quanto guadagnerai? Mi ero legato molto a loro, tanto da mettere da parte altro, fino a quando il Signore non mi ha tirato le orecchie, per fare dietro front. Le parole di Paolo risuonarono con più veemenza nella mia mente: “…l’ho reputato tanta spazzatura, al fine di conoscere Cristo”, Fil. 3:8, per capire che non conta chi siamo o cosa facciamo nella società, ma chi siamo davanti agli occhi di Dio. i cristiani autentici sono le persone più onorabili della società. Certo, non facciamo l’elogio dell’ignoranza o della povertà, ma Dio ha scelto le cose che non sono… ed io mi reputo una tra queste.
La scuola biblica, il mio matrimonio, il mio piccolo servizio per il Signore, le mie cadute, i mie fallimenti, ma soprattutto la sua fedeltà.
Nel raccontarmi, non nascondo che ho fatto fatica a trattenere le lacrime; certi ricordi, magari archiviati chissà dove nell’hard disk della mia memoria, sono riemersi in tutta la loro freschezza e lucidità, per ridonarmi quella linfa vitale perché la vita di Gesù in me sia piena e le mie promesse, datate, siano rinnovate oggi.
Se non avessi Gesù, forse avrei fatto altro. Su un libro che ho ritrovato qualche mese fa, vi era la dedica della mia insegnante di storia: “A Giuseppe, futuro archeologo”.
Grazie a Dio, per quello che sono oggi in Cristo.
Giuseppe Romanelli
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